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QUAND’È IL MOMENTO DI CAMBIARE ROTTA? Il labile confine tra fermezza e rigidità

Molti anni fa, all’epoca in cui è ambientato Downton abbey (inizio del ‘900, ndr), uno stimato capitano, ritto sul ponte di una corazzata britannica, guardava il sole tramontare sul mare. A quanto si racconta, il capitano stava per dirigersi nel locale dove gli sarebbe stata servita la cena, quando, improvvisamente, un marinaio lo avvisò con una certa concitazione: “C’è una luce, Signore. Dritto davanti a noi, a non più di 2 miglia”.
Il capitano tornò verso il timone.
“È ferma o si muove?”, chiese (il radar non era ancora stato inventato).
“Ferma, Signore.”
“Allora mandate un segnale a quella nave”, disse il capitano con voce tonante. “Dite loro che siamo sulla traiettoria di collisione. Che cambino rotta di 20°”.
La risposta proveniente dalla sorgente luminosa giunse poco più tardi: “È consigliabile che siate voi a cambiare la rotta di 20°”.
Il capitano si sentì offeso. Non solo la sua autorità era stata sfidata, ma tutto ciò era accaduto davanti agli occhi di un semplice marinaio!
“Inviate un altro messaggio”, ordinò. “Siamo la HMS Defiant, una corazzata di trentacinquemila tonnellate della classe “dreadnought”. Cambiate la rotta di 20°”.
“Sono onorato, Signore”, fu la risposta. “Sono il marinaio di seconda classe O’Really. Cambiate immediatamente la vostra rotta”.
Fuori di senno e rosso in faccia, il capitano gridò: “Siamo il fiore all’occhiello della flotta dell’ammiraglio Sir William Atkinson-Willes! CAMBIATE LA VOSTRA ROTTA DI 20°!”.
Ci fu un  momento di silenzio, prima che il marinaio O’Really rispondesse: “Siamo un faro, Signore”.

Questo racconto, riportato nel bel testo di Susan David “Agilità emotiva – Non restare bloccato, accogli il cambiamento e prospera nella vita e nel lavoro” (ed. Giunti, 2018) ci mostra, casomai ce ne fosse bisogno, quanto siamo legati, diciamo pure ancorati, alle nostre convinzioni, alle nostre mappe mentali, alla nostra rappresentazione del mondo. Così legati da non contemplare alternative possibili.
Dimostra anche quanto la nostra rigidità ci porti talvolta a schiantarci, piuttosto che cambiare rotta o semplicemente idea.
Ci ricorda quanto siamo intrappolati in modi di essere e comportamenti che non ci sono utili.
Eppure è proprio quando “ci sembra che la terra ci manchi sotto i piedi che dobbiamo essere agili per non cadere a faccia in giù”.
La nuova competenza che ci viene richiesta, in questo mondo sempre più complesso e sfidante, è l’agilità emotiva, ovvero la capacità di “essere flessibili riguardo ai pensieri e ai sentimenti per rispondere in maniera ottimale alle situazioni della quotidianità”. La posta in gioco, in qualche caso, è la sopravvivenza. In altri, il proprio benessere psico-fisico o la possibilità di raggiungere i propri obiettivi.
Ricordate uno dei mantra di Jack Welch? Cambia prima di essere costretto a farlo.

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